Plemo: una frazione da scoprire

Plemo: lo scrigno archeologico esinese

Nell'area esinese la presenza dell'uomo risale alla fine dell'età neolitica e agli inizi dell'età del Bronzo (4000-3000 a.C.), come testimoniano le diverse incisioni rupestri e i reperti archeologici rinvenuti principalmente nella zona di Plemo. 

In località Vigne, all'inizio della strada per la montagna, è ancora visibile, anche se parzialmente danneggiata, una bellissima "rosa camuna". Proseguendo si giunge alla località Rocca Novella, che costituisce il fulcro del patrimonio archeologico esinese, dove si trovano incisioni databili a partire dall'età del Bronzo, raffiguranti aspetti della vita quotidiana e della religione degli antichi camuni.
Presso la rocca medioevale, si ritrovano i resti che costituiscono un indizio sulla presenza di un "castelliere" dell'età del Bronzo. Sempre a Plemo, alle spalle della chiesa parrocchiale, sono incisi cerchi concentrici, coppelle, guerrieri armati di scudo, lancia, o spada. 

Oltre a incisioni rupestri, sono stati rinvenuti altri reperti di notevole importanza, tra i quali sono da ricordare una sepoltura dell'età del Bronzo contenente una spada del XIII sec. a.C. La scoperta archeologica più rilevante ha portato alla luce i resti di un gruppo di edifici dell'Età tardo romana, composto da un vano adibito a forno che ricorda le antiche calchere; abitazioni con avanzi di un rudimentale condotto idrico; un mulino dotato di tre pietre da macina e i ruderi di un magazzino nel quale sono stati trovati migliaia di cocci di argilla, resti di piccole anfore, piatti, bicchieri e tazze.
Sempre a Plemo fu trovata l’iscrizione romana “DIS MANIBUS DRUSI CAESARIS GERM”, dedicata a Druso figlio di Germanico, conservata oggi al museo archeologico di Bergamo.
Da Rocca Novella, imboccando l'antico sentiero che porta a Esine, in località Campassi, si trova un'iscrizione medioevale a caratteri latini posta alla base di uno sperone di roccia.

Lo stemma Visconti

Nel centro dell’abitato di Plemo, sui resti di un’antica casa-torre che fu della nobile famiglia Beccagutti, a pochi passi dalla chiesa di San Giovanni, leggermente sopra ad una pittura murale che avverte il visitatore di esser giunto nel “Comune di Esine / Plemo di Esine / altezza sul mare m 245”, resiste in posizione precaria un brandello dipinto che riporta uno dei più antichi stemmi presenti in Valle Camonica. Esso raffigura un emblema araldico della famiglia dei Visconti, signori della Valle dalla metà del trecento fino alla conquista veneziana del 1428.

La famiglia dei Beccagutti

Il palazzo su cui è stato apposto apparteneva alla famiglia Beccagutti, di antica nobiltà locale, fortemente schierata, come tutto il partito ghibellino, a favore dei signori di Milano.
Giovanni da Lezze nel 1610 inserì nel suo Catastico anche l’elenco delle nobili famiglie che popolavano Esine, tra le quali risultava seconda per importanza quella dei “Becaguti, quali dopo li Federici sono delli più nobili, et più antichi di questa Valle, et […] al presente anco son padroni d’una certa roccha detta Roccha de Plemmo”.
Nel 1355 i fratelli Simone e Armenolfo di Maifredo Beccagutti, che abitavano nella detta rocca, vennero nominati dal duca di Milano Barnabò Visconti custodi della roccaforte locale sotto il giuramento di opporsi a qualsiasi infiltrazione dei “ribelli suoi”.
Nuovamente nel 1398 Gian Galeazzo Visconti comandava a “Leone Becaguto” (di Franceschino, ricordato anche da padre Gregorio Brunelli tra i capi nobili ghibellini presenti alla Pace di Breno all’inizio dello stesso anno) il rafforzamento della rocca di Plemo a difesa del territorio contro i guelfi camuni e i trumplini che avrebbero potuto effettuare incursioni spalleggiati dai conti di Lodrone stanziati di là del Crocedomini. 

L'affresco oggi

Attualmente il frammento d’affresco risulta molto danneggiato nella struttura oltre ad esser offuscato da una patina di sporco. È però facilmente individuabile nel palinsesto dei vari elementi policromi che lo compongono un blasone visconteo posizionato nella parte inferiore del dipinto. All’interno di uno scudo, al di sopra del quale sembra esservi un oggetto sormontato da due ali dorate, è presente l’arma signorile così descritta da M. C. A. Gorra: d'argento, al biscione ondeggiante in palo di (azzurro? verde?), (coronato d'oro?), ed ingollante l'uscente di carnagione. Non è da escludere che nuovi elementi siano a conferma della corretta lettura del blasone, che dell’intero quadro pittorico, possano emergere solo a seguito di un opportuno restauro. 

Il significato dello stemma

La presenza di uno stemma Visconteo su una proprietà Beccagutti è da ricollegarsi non solo al ghibellinismo politico, quanto ad una vera e propria dimostrazione di vassallatica fedeltà verso i signori di Milano da parte della famiglia camuna. Una simile attestazione in loco è presente anche nell’abitato di Gorzone dove, per ben due volte, a fianco dello stemma della famiglia Federici era stato avvicinato quello degli Scaligeri di Verona. Altri stemmi viscontei in Valle Camonica, esclusi quelli conservati in antichi diplomi, si trovano solo a Mù di Edolo e a Grignaghe di Pisogne: entrambi però non dipinti, ma in altorilievo su blocchi di pietra. Nello specifico il dipinto di Plemo emerge come una rara unicità sia per antichità che per fattura. 

Ulteriori informazioni

Crediti

Fonte: Luca Giarelli di “Associazione AraldiCamuna”

Ultimo aggiornamento
31 maggio 2021